Psyco.

io vorrei dirLe che le cose vanno meglio, che la terapia sta attecchendo bene contro ogni brutto pronostico, portarLe delle gioie pensate o concrete, dirLe questa volta mi ha preso per i capelli, che abbiamo dovuto usare ben 2 sacche, che bastavano pochi millimetri a incidere l’arteria, vorrei portarLe un cesto di frutti autunnali e un grazie scritto con una stilografica, ma le gambe cedono quasi sento tremare le ossa, le preoccupazioni scavano tunnel negli organi, devo correre a casa a ripararmi, a crearmi una maschera da incollarmi sul viso, come ho potuto pensare di andarmene in giro con la mia nuda faccia, È stato senz’altro rischioso, inutilmente doloroso, a prendere schiaffi sulla carne viva, vorrei dirLe che oggi la temperatura è nella norma, che i valori stanno rientrando, che sono in remissione, che tutto ciò che ci siamo detti ha contribuito alla guarigione che le Sue parole mi scuoiano la pelle morta, che Lei forse potrebbe tenermi con sé che sarebbe più semplice strisciare per terra ma Lei ha la sua vita, io ho la mia, potremmo non incontrarci più un giorno.

Daniela Del Core @2025

Quando non mi rispondi lo so

non mi stai ascoltando sei lontanissimo in una galassia parallela

a far quadrare i conti, non tornano,

e avevi ragione nel dirmi Non capisci nulla di nulla,

totalmente assente a me stessa

dimenticata su un letto di ospedale in una camera bianca

con le pillole centellinate sul comodino riesco a sentire come

non accada nulla in questa poesia

non si vada da nessuna parte

non si spicchi il volo non fiorisca il giglio

non si scenda per le scale e non si giri a destra

non si rispetti il distanziamento sociale

c’è un po’ di tosse nei fazzoletti di carta cestinati a bella vista

perché è una di quelle poesie in cui ci si ammala d’estate, è ammalarsi per finta,

non rotolo sul materasso neppure mi giro

non c’è movimento alcuno solo uno sbattere d’occhi annacquato il vino rosso di Manduria mi ricorda mio nonno andato

non c’è aria in questa stanza spoglia e la finestra è chiusa, la tapparella abbassata per metà, leggo alcune insegne, muovo gli occhi almeno,

non mi era mai capitata una come questa, che non vuole decollare, non vuole partire come uno dei tuoi pseudo film horror che mi propini la sera, non ci faccio soldi, non ci faccio audience, non ci faccio.

Daniela Del Core@2025

Non scrivo.

Non scrivo di te mai

mi manca una figura come la tua

nella mia di vita

avrei voluto una tua versione migliorata,

editata, pulita, serena, accogliente, trascendente a tratti, immanente, accudente,

forse cerco solo un assistente personale che mi indori la cena magra

che mi dia pacche sulle scapole scese,

lo pagherei ad ore per farmi anche sorridere,

ma in quanto ad humor tu gli saresti stata superiore una spanna.

Daniela Del Core @2025

Stato di salute, attuale.

Mi hai confidato che sparo un mucchio di scempiaggini,

le penso e te le porgo per convincerti della loro bontà,

Che non faccio altro che raccontarti frottole,

che mi diverto a sto modo ormai,

fingo di non ricordare, ometto le verità, ne riferisco mezze, mi perdo nelle fiabe a mezz’aria, apro e chiudo poesie inascoltabili, giro intorno alle dottrine, sfrantumo la pazienza di chi mi ascolta, mentre il mio cervello viaggia verso una insolita deriva e non m’importa più, ho accettato questo stato di cose, spegnendo ancora il fuoco quando la pietanza è cotta, ho ancora molti anni da vivere davanti, ma non prendo più niente sul serio, nemmeno te, nemmeno me, nel frattempo che lei cresceva, il mio carico mentale s’è era fatto insopportabile, e così cliccai le x di tutte le pagine che mi lasciavi aperte, erano tante e di vario interesse, io che non so più digitare che musica voglio ascoltare e rimetto Mamma ho ucciso un uomo stanotte in un loop infinito, mi piace pensare che abbia solo sciocchezze da circumnavigare adesso, non sono più quella persona affidabile, sincera, inappuntabile, sono una teatrante col sorriso truccato di rosso, ero una creaturina del Paradiso mi dicevi, ero una damina medievale mi ammiravi, ora ho occhi strabuzzati e grandi specchi, mi riconosco nel fondo, ti arrabbi a volte perché mi vuoi seria d’ un tratto, ma sono a mescolare una vecchia brodaglia di minestra con dell’alloro, non posso più farmi triste, devo ridere più forte, per non sentire il sottofondo vociante, non posso più fare silenzio, non posso più tediarmi, non posso più ragionare, non posso più studiare, non posso più riflettere, non posso più fare ammenda, non posso più mortificarmi, non posso più chinare il capo, non posso più giustificarmi, ho una parte da recitare, ogni volta diversa la stessa, senza salire sul palco o peggio morire sulla sedia.

Daniela Del Core@2025

un po’ di fisica sparsa.

Ritenta ancora sarai più fortunato

oggi non è propriamente un brutto giorno

a dire il vero ti ho letto Schrödinger

e le implicazioni che non mi sfuggono

Il microscopico che si fa beffe di noi, di Newton, di lustri di fisica,

ma crederci è pur sempre un atto di fede ed il gatto sopravvive 23 minuti,

percepiti 5 gradi a Bari punge il collo

la lana la neve le tue dita

si blocca il doogee come se fosse facile pensare e digitare in uno schermo piccolo

se è tutta mia la responsabilità di quel gran casino che è stata la mia vita,

La verità quantistica che io modifichi mentre osservo il grigiore e forse vibrando a una più alta velocità

riesca a diventare Elon Musk, una di successo

Pure l’ affondamento del Titanic può essere stata mia la colpa a ragionarci un po’ su.

Daniela Del Core@2024

La bambina.

Da quando è nata lei, e’ stata tutta una rincorsa a emanciparsi dall’ignoranza, dovevamo sapere ma io in primis dovevo come e dove toccare i punti magici a farla dormire a farla mangiare a farla lavare, tutto un prendi la bambina lascia la bambina poggia la bambina vivere per la bambina sopravvivere per la bambina che non dorme che piange che non respira che cammina che cade che cresce che parla che pensa che sogna che inventa che frequenta la scuola che studia che non ricorda che si dimentica che prende cinque o dieci e va per l’artistico, che cerca le amiche che deve andare alla festa che si traveste, con chi la faremo uscire questa bambina? Là fuori è un mondo impossibile per la bambina, come cresceremo la bambina, veloce la bambina, è urgente la bambina, la bambina viene prima di tutto, poi ci sei tu, poi ci sono io.

Daniela Del Core @ 2024

a tentoni.

Non leggo da un lasso di tempo imprecisato

sarà buono un anno che non assorbo più le parole scritte

anche quelle parlate non reggo il tempo di un notiziario

c’è della nebbia che mi impedisce la comprensione

una demenza precoce sarebbe l’orrore

girano i pensieri a vuoto, si attorcigliano con la lingua

mettere il naso fuori non mi aggrada malgrado la laurea

sento di essere regredita in un’analfabeta funzionale

non capisco più le proposizioni che si coordinano e si subordinano

i verbi che si coniugano stancamente verso le venti di sera

il congiuntivo che non scatta più in piedi come un bravo soldato

le similitudini soltanto appaiono più prolifiche perché

è tutto uno spiegare in “come”, mi sento “come” un vecchio gozzo,

mi è sembrata “come” un’aggressione verbale, ” come” ” come” ” come”

sono in preda alla confusione, in preda a una strana prosa,

se apro il frigo è “come” se aprissi un forno, riesci a capirmi a volte,

non ho il coraggio di chiedere quello che mi è lecito, mi sarà nuovamente negato,

so che finisce in modo imprevedibile.

Anche le consonanti ho smesso di pronunciarle bene, non mi esplodono sui denti, né sul palato, non vibrano in gola, biascicano a tratti,

vorrei tornare all’asilo per recuperare un po’ di didattica, che mi succede Signore? ma davvero esiste un Signore? Ora che mi avvicino alla morte sarebbe conveniente credere in un altrove, mi piacerebbe andare verso una luce insolita priva di radiazioni e di calore, una luce fresca fatta di vento sugli occhi bollenti di pianto, non riesco a spiegare meglio e i critici neppure vogliono la chiarezza, la trasparenza, il senso univoco, la chiave di lettura, si agitano in un big bang di teorie, portami tre arance rosse, qualche enigma da risolvere che scatti in avanti il cubo di Rubik che ho nella testa, che si allinei in un qualche colore, cosa scrivono i poeti oggi? Devo googlare una poesia contemporanea per capire a che punto della storia siamo arrivati, è troppo che ignoro i miei colleghi, abbiamo mansioni diverse e diversi orari, mi sfuggono le citazioni, non associo un titolo a un autore, potrebbe essere la fluoxetina che ho raddoppiato o è solo nausea della tiritera quotidiana, se potessi attendermi all’ uscita di questa stanza affollata, sono quella che schiva le mani protese, gli sguardi intrusivi, anche l’ uscita di sicurezza farebbe al caso mio, bisogna uscire da questo bicchiere semivuoto, saltare dal bordo del piatto, fuggire tra le briciole sparse, ti mangiano sui capelli puliti, e ti danno della pazza schizzinosa se glielo fai notare, potrei fare una chiusa adesso, ma ho dimenticato l’atto di concludere, se avesse o meno un significato, e dunque lasciare aperto

Daniela Del Core@2024

Dialoghi urticanti.

La fatica del cambiamento con forti inasprimenti

non mi viene da ridere se non quando sono costretta

se è convenzione mandare il comando ai muscoli facciali

voglia di scappare da sé per andare dove non si è,

dicono non si possa fare da vivi, da morti si può tutto,

si può vagare senza giustificazioni scritte,

e assentarsi corporei involucri esanimi

c’è ancora molto da discutere sul caso politico del giorno

ma non resiste il contatto visivo, si attorciglia la conversazione,

parlare con i propri simili senza schermi,

il fiato corto le parole stentano a uscire dalla bocca

perché non sono rimasto al fresco di un’ombra?

Daniela Del Core@2024

All’amata me stessa.

Daniela Del Core@2019

Di anni ne sono trascorsi e vorrei venirterlo a dire

che non furono gli alieni o un Dio qualsiasi venuto da chissà

quale parte remota e oscura della terra

non furono i fantasmi futuri quanto quelli passati

non fu per pigrizia o pavidità

la campanella suonava che bighellonavo di fuori,

pioveva e non c’erano gli ombrelli tascabili

i rimproveri te li aspettavi comunque sapevi di essere in torto

per una bazzecola qualsiasi avresti barattato la credibilità

a sfuggire l’ennesima ramanzina

non furono i popoli stranieri

non furono le caramelle degli sconosciuti

c’era una dottrina solida in fondo ai tuoi occhi

che ti pietrificava lo scatto in avanti del maratoneta

non avresti scritto alcunché di simile a Turgenev e

piangeranno la tua morte in quattro o cinque gatti,

i cani se ne andarono prima,

vorrei venirtelo a dire che ti giravano intorno sciacalli scattanti e profondissima indifferenza,

i tuoi sorrisi a vuoto i tuoi baci non ricambiati la mano non stretta il saluto non dato il riconoscimento negato

ti furono compagni fedeli.

Eppure ti amai come se tu fossi già prima,

scolpita nel marmo sbiancato,

ferma e immobile, da sempre assente.