Quando non mi rispondi lo so

non mi stai ascoltando sei lontanissimo in una galassia parallela

a far quadrare i conti, non tornano,

e avevi ragione nel dirmi Non capisci nulla di nulla,

totalmente assente a me stessa

dimenticata su un letto di ospedale in una camera bianca

con le pillole centellinate sul comodino riesco a sentire come

non accada nulla in questa poesia

non si vada da nessuna parte

non si spicchi il volo non fiorisca il giglio

non si scenda per le scale e non si giri a destra

non si rispetti il distanziamento sociale

c’è un po’ di tosse nei fazzoletti di carta cestinati a bella vista

perché è una di quelle poesie in cui ci si ammala d’estate, è ammalarsi per finta,

non rotolo sul materasso neppure mi giro

non c’è movimento alcuno solo uno sbattere d’occhi annacquato il vino rosso di Manduria mi ricorda mio nonno andato

non c’è aria in questa stanza spoglia e la finestra è chiusa, la tapparella abbassata per metà, leggo alcune insegne, muovo gli occhi almeno,

non mi era mai capitata una come questa, che non vuole decollare, non vuole partire come uno dei tuoi pseudo film horror che mi propini la sera, non ci faccio soldi, non ci faccio audience, non ci faccio.

Daniela Del Core@2025

La bambina.

Da quando è nata lei, e’ stata tutta una rincorsa a emanciparsi dall’ignoranza, dovevamo sapere ma io in primis dovevo come e dove toccare i punti magici a farla dormire a farla mangiare a farla lavare, tutto un prendi la bambina lascia la bambina poggia la bambina vivere per la bambina sopravvivere per la bambina che non dorme che piange che non respira che cammina che cade che cresce che parla che pensa che sogna che inventa che frequenta la scuola che studia che non ricorda che si dimentica che prende cinque o dieci e va per l’artistico, che cerca le amiche che deve andare alla festa che si traveste, con chi la faremo uscire questa bambina? Là fuori è un mondo impossibile per la bambina, come cresceremo la bambina, veloce la bambina, è urgente la bambina, la bambina viene prima di tutto, poi ci sei tu, poi ci sono io.

Daniela Del Core @ 2024

a tentoni.

Non leggo da un lasso di tempo imprecisato

sarà buono un anno che non assorbo più le parole scritte

anche quelle parlate non reggo il tempo di un notiziario

c’è della nebbia che mi impedisce la comprensione

una demenza precoce sarebbe l’orrore

girano i pensieri a vuoto, si attorcigliano con la lingua

mettere il naso fuori non mi aggrada malgrado la laurea

sento di essere regredita in un’analfabeta funzionale

non capisco più le proposizioni che si coordinano e si subordinano

i verbi che si coniugano stancamente verso le venti di sera

il congiuntivo che non scatta più in piedi come un bravo soldato

le similitudini soltanto appaiono più prolifiche perché

è tutto uno spiegare in “come”, mi sento “come” un vecchio gozzo,

mi è sembrata “come” un’aggressione verbale, ” come” ” come” ” come”

sono in preda alla confusione, in preda a una strana prosa,

se apro il frigo è “come” se aprissi un forno, riesci a capirmi a volte,

non ho il coraggio di chiedere quello che mi è lecito, mi sarà nuovamente negato,

so che finisce in modo imprevedibile.

Anche le consonanti ho smesso di pronunciarle bene, non mi esplodono sui denti, né sul palato, non vibrano in gola, biascicano a tratti,

vorrei tornare all’asilo per recuperare un po’ di didattica, che mi succede Signore? ma davvero esiste un Signore? Ora che mi avvicino alla morte sarebbe conveniente credere in un altrove, mi piacerebbe andare verso una luce insolita priva di radiazioni e di calore, una luce fresca fatta di vento sugli occhi bollenti di pianto, non riesco a spiegare meglio e i critici neppure vogliono la chiarezza, la trasparenza, il senso univoco, la chiave di lettura, si agitano in un big bang di teorie, portami tre arance rosse, qualche enigma da risolvere che scatti in avanti il cubo di Rubik che ho nella testa, che si allinei in un qualche colore, cosa scrivono i poeti oggi? Devo googlare una poesia contemporanea per capire a che punto della storia siamo arrivati, è troppo che ignoro i miei colleghi, abbiamo mansioni diverse e diversi orari, mi sfuggono le citazioni, non associo un titolo a un autore, potrebbe essere la fluoxetina che ho raddoppiato o è solo nausea della tiritera quotidiana, se potessi attendermi all’ uscita di questa stanza affollata, sono quella che schiva le mani protese, gli sguardi intrusivi, anche l’ uscita di sicurezza farebbe al caso mio, bisogna uscire da questo bicchiere semivuoto, saltare dal bordo del piatto, fuggire tra le briciole sparse, ti mangiano sui capelli puliti, e ti danno della pazza schizzinosa se glielo fai notare, potrei fare una chiusa adesso, ma ho dimenticato l’atto di concludere, se avesse o meno un significato, e dunque lasciare aperto

Daniela Del Core@2024

la voglia di farcela fortissimamente, diceva Lui, di non abbandonarsi al cappio di lana dura, di riconoscersi ancora allo specchio riflesso, sono più forte di quello che immagini, quando l’ ho vista entrare sembrava un’altra da sé, così smagrita, così triste nei capelli sciolti e aridi e radi, ho riconosciuto il rischio di lanciarsi nel vuoto, deve averlo pensato, ma le pillole aiutano se prese con regolarità, mi è dispiaciuto non sia riuscita a rimanere attaccata alla vita senza patire gli effetti collaterali, è una lotta che forse gli era stata controindicata da piccina, e io non dovrei confessarmi a sto modo, parlo un po’ sporco a volte ma è necessario sfregarsi bene la pelle, temevo per me stessa ma deve avermi battuto sul tempo, sullo spazio, deve esserci qualcosa nel mio antico cervelletto, un’anomalia che lampeggia e impedisce l’apertura dei cancelli, l’anima che rimane testarda, ci vuole ancora provare a scegliere la strada possibile, quando l’ho vista così rallentata così incapace di reggersi in piedi, ho pensato come tutti saranno state le droghe, gli acidi, i fumi, gli psicofarmaci, o mio Dio che deve aver provato nello stomaco, io che avverto molta fame di rassicurazioni ma sono a dieta forzata, io che provo a stordirmi con dello zucchero sulla lingua, è un veleno per me, adesso che inizio ad ammalarmi nel corpo, non funziona più niente come dovrebbe, ma la solitudine mi si è accasata, mi mancano molte cose, poche persone, qualche animale, non sono qui a scrivere il suo testamento, potrei finirla qui e fingere che lei stia bene tutto sommato, si dice così, tutto sommato poteva andare peggio, poteva anche morire, e non è già morta lei? questa bambina vecchia con il suo pallore accecante, con le pupille dilatate dalla noia, so che pagava un dottore per non sentirsi troppo sola, per ascoltarsi la voce che non fosse il nome del suo gatto, l’estate complicava le cose, le rendeva roventi e imprendibili, non vidi mai nessuna così devastata dal morbo contemporaneo, io stessa ero stata così diligente nel truccarmi tutte le ferite, le due occhiaie, le screpolature, il difficile era occultare le amnesie, chi fossi stata, dove stessi andando, con quale biglietto di sola andata, il sipario si era chiuso precocemente e non era scattato l’applauso consolatorio, tuttavia seppi trascinarmi a terra con le ginocchia che sanguinavano, Lei non avrebbe potuto, Lei non poteva muoversi agilmente, si è irrigidita nelle articolazioni pensanti.

Daniela Del Core@2024

Quotidie.

Spogliare i muri dai quadri

aver cura di soffiare la polvere

pensavo sarebbe stato più arduo e invece

ripulisco la vecchia casa per abbandonarla con decoro

che non dicano gli altri che abitasse una scansafatiche

una che si vedeva poco in giro che non dava confidenze

che non pensino fossi una raccattagatti senza pudore

essendo poi una donna che certe incombenze anche se la fatica

si avverte uno strano ronzio di mobili imballati

pensavo peggio a dire il vero a dire il falso a dire

ci vogliono buoni trenta giorni per cambiare sito strada palazzo

mi inseguiranno le formiche? o resteranno in campagna?

in città si possono ascoltare le urla degli inquilini o dei proprietari immobiliari

latrati di cani che abbaiano sovente sui balconi infuocati

mi porto a braccio delle buste di tela con della roba infilata

sono pure felice a tratti con brio

non comprerò più nulla per anni

deve abituarsi il marito alle nuove coordinate

il figlio alla nuova celletta-stanza a produrre pensieri metropolitani

poteva andare peggio a pensarci troppo senza pause

per fortuna si è alzato il sacro maestrale

un tempo era la regola.

Daniela Del Core@2024.

Piove.

la pioggia dopo giorni di arsura al Sud

smetto di ballare in cerchio

aprendo tutte le finestre si può sentire

oggi non è giornata da scrivere qualcosa

mi impedisce il flusso di coscienza

lo scroscio agognato dopo le bestemmie

come si starebbe bene se variabile fosse una costante

perdonami il congiuntivo che appesantisce dicono.

Diamo aria agli armadi.

Daniela Del Core@2024.

A cellulari spenti.

Noi si scrive per dimenticare

di dover rientrare a una certa ora serale

per non aver bevuto kvas

si scrive per scordare

certe giornate ingrate

ed è il pane a ingannare.

Ho regalato i peggiori versi

le parole difficili le ho sotterrate,

suggeriva la vicina frasi sconnesse

c’è molta miseria fuori e dentro,

un tramonto in cui scorgi una madonna qualsiasi

non ti consola dalla schiavitù.

I Cristi in croce fanno paura tra le quattro e le cinque

sarebbe bastato sorridere al pazzo,

conferire il rifiuto nell’apposito contenitore,

ignorare gli acari della polvere e

gli ascaridi dell’anima.

Tu però non mettermi in competizione,

ci si può esimere dalle graduatorie,

seminando grano

attendendo piogge.

Daniela Del Core@2019.

Sulla libertà d’opinione.

I capelli bianchi mi cascano sugli occhi

la quotidianità mi atterrisce

mi pervade al mattino e si insinua nelle pieghe cutanee

scrollarmene vorrei

ho tagliuzzato il poema come meglio ho creduto

ricordo la voce di una madre, la voce di una figlia

soffrivano solitudini immense

io faccio ridere se voglio

se posso faccio spettacoli improvvisati

ma ho un groppo che vuole sempre sciogliersi

piangere e andarsene al mare

mi dispiace avertelo detto

non ballerei sulla tomba di alcuno in fondo

ma la cattiveria deve essere gratuita per sortire effetti

a me non interessano gli uomini

non mi interessa Dio

mi interessa la frequenza l’onda l’umidità il pallore

la dilatazione delle pupille quando tutto si rabbuia

la contrazione del cuore quando resti solo con te stesso

il sangue che fuoriesce dalla ferita di un’arma qualsiasi

la perplessità sulla scelta di certi colori

di certi accostamenti di certi allineamenti

e dovresti tacere per sentirne la musica o un rumore metallico.

Ma non vuoi mai approfondire la radice nel vaso

ti piace estirparli

certi fiori che hanno la colpa d’essere compiuti e

dovresti solo applaudire o disperarti.

Daniela Del Core@2019

Ho corso più in fretta che potevo

C’era poco tempo da perdere

L’allarme sembrava essere arrivato all’ ultimo giro,

Prima che la nebbia ottundesse la logica

Sentivo che mi sarei potuta anche vendicare in modi orribili

E permettermelo cosa avrebbe comportato o peggio significato,

Ammettere che alla fine della guerra ho dovuto io firmare quel pesante armistizio

A salvare cosa? Vite? Amore? Un contratto firmato?

Ho caricato i cartoni con tutto quello che potevo portarmi via, ho scotchato le dita, ho fatto uno e più viaggi, avanti e indietro,

Devono aver pensato che cambiassi casa mentre invece cambiavo testa,

Ne avevo vista una in saldo a buon mercato

Diceva che non era soggetta a bug, a lag e Dio sa a cos’altro,

C’era un numero telefonico stampato sulla fronte in caso di bisogno d’aiuto, un numero verde ben gentili avrei detto,

Posso fare il reso, posso averne una sempre nuova purché in garanzia,

Solo dovevo tacere la cosa ai molti, svincolarmi il più possibile, evitare contatti sociali ravvicinati, vivere un low profile,

Qualche calmante può aiutare nel passaggio.

All’amata me stessa.

Daniela Del Core@2019

Di anni ne sono trascorsi e vorrei venirterlo a dire

che non furono gli alieni o un Dio qualsiasi venuto da chissà

quale parte remota e oscura della terra

non furono i fantasmi futuri quanto quelli passati

non fu per pigrizia o pavidità

la campanella suonava che bighellonavo di fuori,

pioveva e non c’erano gli ombrelli tascabili

i rimproveri te li aspettavi comunque sapevi di essere in torto

per una bazzecola qualsiasi avresti barattato la credibilità

a sfuggire l’ennesima ramanzina

non furono i popoli stranieri

non furono le caramelle degli sconosciuti

c’era una dottrina solida in fondo ai tuoi occhi

che ti pietrificava lo scatto in avanti del maratoneta

non avresti scritto alcunché di simile a Turgenev e

piangeranno la tua morte in quattro o cinque gatti,

i cani se ne andarono prima,

vorrei venirtelo a dire che ti giravano intorno sciacalli scattanti e profondissima indifferenza,

i tuoi sorrisi a vuoto i tuoi baci non ricambiati la mano non stretta il saluto non dato il riconoscimento negato

ti furono compagni fedeli.

Eppure ti amai come se tu fossi già prima,

scolpita nel marmo sbiancato,

ferma e immobile, da sempre assente.